Brustolin M., Battanolli G., Qualtieri K., Bilato D., Iob L., Catania S.
I micoplasmi, appartengono alla classe dei Mollicutes, rappresentano i più piccoli microorganismi in grado di replicare autonomamente. Il loro genoma può variare da 600 a più di 2000 Kb. Differiscono dagli altri batteri in particolare per le loro piccole dimensioni e per la totale assenza di parete cellulare. Sono ampiamente diffusi in natura e possono parassitare un’ampia varietà di specie viventi quali mammiferi, rettili, pesci, artropodi e piante (4).
Sono considerati “organismi difficili da coltivare” a causa delle loro esigenze metaboliche e dei loro lunghi tempi di crescita in vitro.
In campo aviare sono oltre 20 le specie conosciute, anche se solamente alcune rivestono un ruolo economicamente importante, quali Mycoplasma gallisepticum (MG), Mycoplasma synoviae (MS), Mycoplasma ioawe (MI), Mycoplasma meleagridis (MM).
Con l’introduzione delle metodologie biomolecolari la diagnostica per tali patogeni è nettamente migliorata, ma se da un lato sono stati ridotti i tempi di risposta, dall’altro è diminuita la possibilità di eseguire ulteriori indagini di approfondimento tipiche della microbiologia classica, ancor’oggi effettuate normalmente per altri patogeni batterici di più semplice coltivazione. L’utilizzo della PCR per la ricerca di una specie di Micoplasma (sono attualmente disponibili PCR specifiche solo per i patogeni di maggior interesse) risulta essere determinante se supportata da un corretto sospetto diagnostico, in tali casi permette di pervenire ad una corretta diagnosi. Però contestualmente la stessa metodica può essere inefficace in caso di errato sospetto di specie, ed inoltre impedisce la dimostrazione di eventuali coinfezioni, eliminando anche la possibilità di esecuzione di ulteriori indagini sul ceppo isolato.
Attualmente nell’isolamento dei micoplasmi aviari il manuale OIE prevede un’incubazione in brodo fino a due settimane seguite da altre due settimane per l’eventuale crescita in agar. Poiché i micoplasmi non sono distinguibili su base biochimica risulta necessario eseguire metodiche aggiuntive per l’identificazione della specie isolata quali l’immunofluorescenza, l’inibizione della crescita, l’utilizzo di PCR specie specifiche che naturalmente aumentano ancor di più i tempi di risposta.
La DGGE (Denaturing Gradient Gel Electrophoresis) è una tecnica elettroforetica che permette di separare degli amplificati in base alla loro sequenza e non al loro peso molecolare. Il limite teorico di tale tecnica è quello di identificare fino ad una singola mutazione puntiforme (2). Il principio si basa sulla diversa mobilità di una doppia elica parzialmente denaturata in un supporto solido, la denaturazione stessa dipende a sua volta dalla sequenza nucleotidica. A tale riguardo è opportuno ricordare che l’appaiamento delle basi GC si basa su 3 legami idrogeno molto più stabili del doppio legame idrogeno presente tra le basi AT. Su tali presupposti alcuni Autori hanno effettuato studi di comparazione della migrazione di un tratto del 16S rDNA, regione conservata dei batteri (3).
Scopo del presente lavoro è stato quello di valutare su isolati di campo l’applicabilità della metodica DGGE, quale potenziale metodo per l’identificazione di differenti specie di micoplasmi.