Caucci C., Brunetta R., Di Martino G., Zandonà L., Dalla Costa A., Capello K., Stefani A.L., Moronato M.L., Gobbo F., Catania S., Bano L., Bonfanti L.
A livello nazionale vi è attualmente una carenza di dati sull’utilizzo di antibiotici nel settore avicolo nel corso degli ultimi anni associati all’antibioticoresistenza (AMR). Gli stessi dati ufficiali di AMR sono molto limitati, ma evidenziano una frequenza superiore al 95% delle resistenze ad almeno un principio attivo in E. coli (Ministero della Salute, 2016). EMA ed EFSA (2013) hanno individuato E. coli ed Enterococcus faecalis come utili indicatori di AMR negli animali da reddito, in quanto rappresentativi della popolazione di batteri commensali più frequentemente esposti agli antibiotici (AB). Numerose evidenze scientifiche indicano un aumento di AMR nel pollo a seguito dei trattamenti (Simoneit et al., 2015), tuttavia questa connessione non è al momento supportata da dati certi. Alcuni studi hanno infatti evidenziato un aumento di AMR anche in capannoni in cui da oltre un anno non venivano somministrati antibiotici agli animali accasati (Smith et al., 2007; Ozaki et al, 2011). Gli studi sin qui condotti hanno valutato prevalentemente il livello di AMR a fine ciclo produttivo (ingrasso), mentre meno note sono le condizioni di partenza dei pulcini, legate alle condizioni di salute e gestione sia dei riproduttori sia degli incubatoi. Nei riproduttori i trattamenti con AB potrebbero portare a una selezionare di microrganismi resistenti che vengono trasmessi alla progenie, indipendentemente da una riduzione del consumo di AB nelle fasi d’ingrasso. Un riassortimento delle flore potrebbe avvenire anche in incubatoio qualora non venissero applicate accurate pratiche di disinfezione. Le resistenze agli antimicrobici possono essere valutate attraverso metodi genotipici o fenotipici. I primi ricercano direttamente geni di resistenza nei microrganismi in esame attraverso tecniche di biologia molecolare, i secondi si basano sul contatto diretto tra il microrganismo e l’antimicrobico e ne studiano il comportamento. Il test universalmente riconosciuto e codificato nella sua esecuzione da organismi scientifici internazionali (CLSI ed EUCAS) è il test della determinazione della minima concentrazione inibente (MIC). L’esistenza di breakpoint clinici definiti per le varie combinazioni specie animale (o uomo)/specie microbica/tipo di sindrome/antimicrobico, consentono di classificare il microrganismo testato come sensibile, intermedio o resistente a un determinato principio attivo, suggerendo al terapeuta il trattamento più appropriato. Inoltre, dato che il valore di MIC è espresso in termini quantitativi (mg/L o μg/mL), è possibile utilizzarlo per monitorare l’andamento delle farmacoresistenze nel tempo con osservazioni puntuali.
Obiettivo di questo studio era la valutazione dei profili di farmacosensibilità di E. coli ed Enterococcus faecalis isolati da gruppi commerciali di polli da carne a inizio e fine ciclo, provenienti da due diversi incubatoi e allevati in tre capannoni del medesimo allevamento.