Schiavone A., Pugliese N., Circella E., Sangiorgi A., Magrini M., Camarda A.

Le colibacillosi hanno un notevole impatto sull’allevamento avicolo intensivo in tutto il mondo e sono responsabili di perdite economiche rilevanti in tutta la filiera avicola. Esse sono generalmente causate dai cosiddetti Avian pathogenic Escherichia coli (APEC) [1]. Tra questi, i sierogruppi più frequentemente associati a malattia sono 01, 02, 08, 018, 035, 078, 0109 e OI 15, con gli 01, 02 e 078 che rappresentano 1’80% dei casi [2].
Uno degli aspetti più critici delle colibacillosi aviarie è rappresentato dall’elevata persistenza degli APEC, che possono permanere in allevamento per lunghi periodi, e riemergere anche durante cicli successivi [l]. Le ragioni di tale resistenza non sono ancora del tutto note. Se da una parte sicuramente pesano le caratteristiche intrinseche del batterio, per esempio la capacità di formare biofilm, dall’altra la dispersione orizzontale del germe all’interno del capannone può essere favorita dalla presenza di vettori passivi quali Alphitobius diaperinus e Musca domestica [3, 4, 5].
Non si può escludere però che altri fattori possono intervenire, favorendo la sopravvivenza del germe tra un ciclo e l’altro. Uno di questi potrebbe essere Dermanyssus gallinae. Questo acaro ematofago è diffuso in oltre il 90% degli allevamenti avicoli intensivi [6], esercita un’azione depauperante e stressante sugli animali [7], e può fungere da serbatoio e vettore di diversi patogeni del pollame [8].
Ad oggi le informazioni sulla possibile associazione tra E. coli e D. gallinae sono pressoché assenti, pertanto questo studio si propone di valutare una potenziale relazione tra essi, con particolare attenzione al rapporto che si può instaurare con i sierogruppi patogeni O2 e O78.